Authors: Dante
Ahi quanto ne la mente mi commossi,
→
quando mi volsi per veder Beatrice,
per non poter veder, benché io fossi
139
presso di lei, e nel mondo felice!
Mentr’io dubbiava per lo viso spento,
→
de la fulgida fiamma che lo spense
dicendo: “Intanto che tu ti risense
de la vista che haï in me consunta
→
Comincia dunque; e dì ove s’appunta
l’anima tua, e fa ragion che sia
perché la donna che per questa dia
regïon ti conduce, ha ne lo sguardo
12
la virtù ch’ebbe la man d’Anania.”
Io dissi: “Al suo piacere e tosto e tardo
→
vegna remedio a li occhi, che fuor porte
15
quand’ ella entrò col foco ond’ io sempr’ ardo.
Lo ben che fa contenta questa corte,
→
→
Alfa e O è di quanta scrittura
→
18
mi legge Amore o lievemente o forte.”
Quella medesma voce che paura
tolta m’avea del sùbito abbarbaglio,
e disse: “Certo a più angusto vaglio
→
ti conviene schiarar: dicer convienti
24
chi drizzò l’arco tuo a tal berzaglio.”
E io: “Per filosofici argomenti
→
e per autorità che quinci scende
27
cotale amor convien che in me si ’mprenti:
ché ’l bene, in quanto ben, come s’intende,
→
così accende amore, e tanto maggio
30
quanto più di bontate in sé comprende.
Dunque a l’essenza ov’ è tanto avvantaggio,
che ciascun ben che fuor di lei si trova
33
altro non è ch’un lume di suo raggio,
più che in altra convien che si mova
la mente, amando, di ciascun che cerne
36
il vero in che si fonda questa prova.
Tal vero a l’intelletto mïo sterne
→
colui che mi dimostra il primo amore
39
di tutte le sustanze sempiterne.
Sternel la voce del verace autore,
→
che dice a Moïsè, di sé parlando:
Sternilmi tu ancora, incominciando
l’alto preconio che grida l’arcano
→
45
di qui là giù sovra ogne altro bando.”
E io udi’: “Per intelletto umano
→
e per autoritadi a lui concorde
48
d’i tuoi amori a Dio guarda il sovrano.
Ma dì ancor se tu senti altre corde
→
tirarti verso lui, sì che tu suone
51
con quanti denti questo amor ti morde.”
Non fu latente la santa intenzione
de l’aguglia di Cristo, anzi m’accorsi
→
54
dove volea menar mia professione.
Però ricominciai: “Tutti quei morsi
→
che posson far lo cor volgere a Dio,
57
a la mia caritate son concorsi:
ché l’essere del mondo e l’esser mio,
la morte ch’el sostenne perch’ io viva,
60
e quel che spera ogne fedel com’ io,
con la predetta conoscenza viva,
tratto m’hanno del mar de l’amor torto,
→
63
e del diritto m’han posto a la riva.
Le fronde onde s’infronda tutto l’orto
→
de l’ortolano etterno, am’ io cotanto
66
quanto da lui a lor di bene è porto.”
Sì com’ io tacqui, un dolcissimo canto
→
risonò per lo cielo, e la mia donna
69
dicea con li altri: “Santo, santo, santo!”
E come a lume acuto si disonna
→
→
per lo spirto visivo che ricorre
72
a lo splendor che va di gonna in gonna,
e lo svegliato ciò che vede aborre,
→
si nescïa è la sùbita vigilia
75
fin che la stimativa non soccorre;
così de li occhi miei ogne quisquilia
→
fugò Beatrice col raggio d’i suoi,
78
che rifulgea da più di mille milia:
onde mei che dinanzi vidi poi;
e quasi stupefatto domandai
→
→
81
d’un quarto lume ch’io vidi tra noi.
E la mia donna: “Dentro da quei rai
→
vagheggia il suo fattor l’anima prima
84
che la prima virtù creasse mai.”
Come la fronda che flette la cima
→
nel transito del vento, e poi si leva
87
per la propria virtù che la soblima,
fec’io in tanto in quant’ ella diceva,
stupendo, e poi mi rifece sicuro
90
un disio di parlare ond’ ïo ardeva.
E cominciai: “O pomo che maturo
→
solo prodotto fosti, o padre antico
divoto quanto posso a te supplìco
perché mi parli: tu vedi mia voglia,
→
96
e per udirti tosto non la dico.”
Talvolta un animal coverto broglia,
→
sì che l’affetto convien che si paia
99
per lo seguir che face a lui la ’nvoglia;
e similmente l’anima primaia
mi facea trasparer per la coverta
102
quant’ ella a compiacermi venìa gaia.
Indi spirò: “Sanz’ essermi proferta
→
da te, la voglia tua discerno meglio
→
105
che tu qualunque cosa t’è più certa;
perch’ io la veggio nel verace speglio
che fa di sé pareglio a l’altre cose,
→
108
e nulla face lui di sé pareglio.
Tu vuogli udir quant’ è che Dio mi puose
→
ne l’eccelso giardino, ove costei
→
111
a così lunga scala ti dispuose,
e quanto fu diletto a li occhi miei,
e la propria cagion del gran disdegno,
Or, figliuol mio, non il gustar del legno
→
→
fu per sé la cagion di tanto essilio,
→
117
ma solamente il trapassar del segno.
Quindi onde mosse tua donna Virgilio,
→
→
quattromilia trecento e due volumi
120
di sol desiderai questo concilio;
e vidi lui tornare a tutt’ i lumi
→
de la sua strada novecento trenta
123
fïate, mentre ch’ïo in terra fu’mi.
La lingua ch’io parlai fu tutta spenta
→
innanzi che a l’ovra inconsummabile
126
fosse la gente di Nembròt attenta:
ché nullo effetto mai razïonabile,
per lo piacere uman che rinovella
129
seguendo il cielo, sempre fu durabile.
Opera naturale è ch’uom favella;
→
ma così o così, natura lascia
e
El
si chiamò poi: e ciò convene,
→
ché l’uso d’i mortali è come fronda
→
138
in ramo, che sen va e altra vene.
Nel monte che si leva più da l’onda,
→
fu’io, con vita pura e disonesta,
da la prim’ ora a quella che seconda,
142
come ’l sol muta quadra, l’ora sesta.”