Authors: Dante
Con questa distinzion prendi ’l mio detto;
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e così puote star con quel che credi
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del primo padre e del nostro Diletto.
E questo ti sia sempre piombo a’ piedi,
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per farti mover lento com’ uom lasso
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e al sì e al no che tu non vedi:
ché quelli è tra li stolti bene a basso,
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che sanza distinzione afferma e nega
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ne l’un così come ne l’altro passo;
perch’ elli ’ncontra che più volte piega
l’oppinïon corrente in falsa parte,
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e poi l’affetto l’intelletto lega.
Vie più che ’ndarno da riva si parte,
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perché non torna tal qual e’ si move,
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chi pesca per lo vero e non ha l’arte.
E di ciò sono al mondo aperte prove
Parmenide, Melisso e Brisso e molti,
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li quali andaro e non sapëan dove;
sì fé Sabellio e Arrio e quelli stolti
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che furon come spade a le Scritture
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in render torti li diritti volti.
Non sien le genti, ancor, troppo sicure
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a giudicar, sì come quei che stima
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le biade in campo pria che sien mature;
ch’i’ ho veduto tutto ’l verno prima
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lo prun mostrarsi rigido e feroce,
e legno vidi già dritto e veloce
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correr lo mar per tutto suo cammino,
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perire al fine a l’intrar de la foce.
Non creda donna Berta e ser Martino,
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per vedere un furare, altro offerere,
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vederli dentro al consiglio divino;
Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centro
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movesi l’acqua in un ritondo vaso,
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secondo ch’è percosso fuori o dentro:
ne la mia mente fé sùbito caso
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questo ch’io dico, sì come si tacque
per la similitudine che nacque
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del suo parlare e di quel di Beatrice,
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a cui sì cominciar, dopo lui, piacque:
“A costui fa mestieri, e nol vi dice
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né con la voce né pensando ancora,
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d’un altro vero andare a la radice.
Diteli se la luce onde s’infiora
vostra sustanza, rimarrà con voi
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etternalmente sì com’ ell’ è ora;
Come, da più letizia pinti e tratti,
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a la fiata quei che vanno a rota
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levan la voce e rallegrano li atti,
così, a l’orazion pronta e divota,
li santi cerchi mostrar nova gioia
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nel torneare e ne la mira nota.
Qual si lamenta perché qui si moia
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per viver colà sù, non vide quive
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lo refrigerio de l’etterna ploia.
Quell’ uno e due e tre che sempre vive
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e regna sempre in tre e ’n due e ’n uno,
tre volte era cantato da ciascuno
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di quelli spiriti con tal melodia,
risponder: “Quanto fia lunga la festa
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di paradiso, tanto il nostro amore
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si raggerà dintorno cotal vesta.
La sua chiarezza séguita l’ardore;
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l’ardor la visïone, e quella è tanta,
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quant’ ha di grazia sovra suo valore.
Come la carne glorïosa e santa
fia rivestita, la nostra persona
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più grata fia per esser tutta quanta;
per che s’accrescerà ciò che ne dona
di gratüito lume il sommo bene,
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lume ch’a lui veder ne condiziona;
onde la visïon crescer convene,
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crescer l’ardor che di quella s’accende,
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crescer lo raggio che da esso vene.
Ma sì come carbon che fiamma rende,
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e per vivo candor quella soverchia,
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sì che la sua parvenza si difende;
così questo folgór che già ne cerchia
fia vinto in apparenza da la carne
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che tutto dì la terra ricoperchia;
né potrà tanta luce affaticarne:
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ché li organi del corpo saran forti
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a tutto ciò che potrà dilettarne.”
Tanto mi parver sùbiti e accorti
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e l’uno e l’altro coro a dicer “Amme!”
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che ben mostrar disio d’i corpi morti:
forse non pur per lor, ma per le mamme,
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per li padri e per li altri che fuor cari
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anzi che fosser sempiterne fiamme.
Ed ecco intorno, di chiarezza pari,
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nascere un lustro sopra quel che v’era,
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per guisa d’orizzonte che rischiari.
E sì come al salir di prima sera
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comincian per lo ciel nove parvenze,
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sì che la vista pare e non par vera,
parvemi lì novelle sussistenze
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cominciare a vedere, e fare un giro
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di fuor da l’altre due circunferenze.
Oh vero sfavillar del Santo Spiro!
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come si fece sùbito e candente
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a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!
Ma Bëatrice sì bella e ridente
mi si mostrò, che tra quelle vedute
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si vuol lasciar che non seguir la mente.
Quindi ripreser li occhi miei virtute
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a rilevarsi; e vidimi translato
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sol con mia donna in più alta salute.
Ben m’accors’ io ch’io era più levato,
per l’affocato riso de la stella,
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che mi parea più roggio che l’usato.
Con tutto ’l core e con quella favella
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ch’è una in tutti, a Dio feci olocausto,
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qual conveniesi a la grazia novella.
E non er’ anco del mio petto essausto
l’ardor del sacrificio, ch’io conobbi
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esso litare stato accetto e fausto;
Come distinta da minori e maggi
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lumi biancheggia tra ’ poli del mondo
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Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi;
sì costellati facean nel profondo
Marte quei raggi il venerabil segno
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che fan giunture di quadranti in tondo.
Qui vince la memoria mia lo ’ngegno;
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ché quella croce lampeggiava Cristo,
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sì ch’io non so trovare essempro degno;
ma chi prende sua croce e segue Cristo,
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ancor mi scuserà di quel ch’io lasso,