Vide gli occhi dell'altro spalancarsi, pieni di incredulità, poi di orrore. Quando un gemito gli scaturì dalla gola, Rolk si affrettò a posargli le mani sulle spalle e attese qualche istante prima di continuare in tono esitante: «Sua moglie aveva qualche cicatrice o altri segni sul corpo? Qualcosa che potrebbe aiutarci a identificarla?»
Gault ansimava ancora, ma pareva avere riacquistato un po' di autocontrollo. «È stata operata di appendicite,» mormorò. «E ha una voglia. Rossa. Sulla parte alta della coscia.» Guardò Rolk, una supplica negli occhi. «Lei pensava che fosse brutta. La infastidiva quando doveva mettersi in costume.» Non staccava gli occhi dal viso del poliziotto, che si sforzava di restare impassibile. Aveva visto la cicatrice e anche il segno rosso, ma non bastava ancora. La legge esigeva di più. «Vorrei proprio che desse un'occhiata al corpo,» disse.
Entrarono in una stanza ampia con una parete interamente occupata da file di contenitori metallici. Su ciascuna compariva una scheda su cui erano segnati dei numeri.
Rolk e Devlin si piazzarono a un lato di Gault, Feldman dall'altro. Il patologo aprì uno degli sportelli, ne estrasse il piano scorrevole: il cadavere era nudo, con un asciugamano bianco drappeggiato intorno al collo.
Un lungo gemito scaturì dalla gola di Gault; barcollò, ma Rolk e Devlin furono pronti ad afferrarlo per le braccia e a sostenerlo. Gault non staccava gli occhi da quel corpo che un tempo gli era stato tanto familiare, un corpo che aveva amato, pensò Rolk, che aveva abbracciato e accarezzato. E che, lo sapeva bene, non aveva nulla a che fare con quel pezzo di carne flaccida e grigiastra che stava guardando ora.
«È lei?» chiese Devlin con gentilezza.
La testa dell'uomo si mosse su e giù, a scatti, come quella di certi pupazzi che a volte si vedono sul lunotto delle auto. Di colpo si portò le mani alla bocca, scosso da conati di vomito.
Rolk gli passò un braccio intorno alle spalle e lo trascinò via, mentre Feldman faceva sparire il lugubre reperto. Gault si piegò in due e cominciò a vomitare, ma Rolk non lo lasciò andare, neppure quando il vomito gli imbrattò le scarpe e il fondo dei pantaloni.
Quando tutto fu finito, Gault si rimise traballando in piedi e cominciò a scusarsi. Sempre standogli accanto, Rolk lo guidò fuori della stanza. «Andiamo alla toilette, si darà una ripulita,» disse. «Poi qualcuno dei nostri l'accompagnerà a casa.»
Poco dopo lui e Devlin tornavano nell'ufficio vuoto di Feldman. Devlin tamburellava con le dita sul bracciolo della sedia, come cercando di decidere che cosa dire, e quando si voltò verso Rolk vide che aveva il viso stravolto dalla stanchezza, quasi avesse assorbito la sofferenza dell'uomo che era stato appena portato via.
«Quanto tempo vuoi che dedichiamo al marito?» domandò.
«In qualità di sospetto?» chiese Rolk, ma non aveva bisogno di una risposta. «Quello che gli dedicheresti normalmente.» Lo guardò. «Ma se è stato lui a ucciderla, voglio vederlo in galera per vent'anni.»
Devlin annuì in segno d'assenso, poi estrasse dalla tasca una fotografia. «Moriarty l'ha presa a casa di Gault,» spiegò. «Il marito ha detto che è la più recente.» Rolk prese la foto, sollevandola all'altezza degli occhi. Una vaga sensazione di riconoscimento si fece strada dentro di lui, crebbe d'intensità, poi cominciò a sbiadire. Studiò la fotografia con più attenzione, prese nota del sorriso, dell'espressione felice degli occhi. Sentì Devlin dire qualcosa e alzò la testa. «Che cosa?»
«Suo marito ha raccontato a Peters e a Moriarty che era andata alla conferenza al Metropolitan Museum, la stessa a cui sei andato tu. Era una frequentatrice di musei e gallerie.» Fece una pausa. «Chissà, forse l'hai vista, là dentro. Strano che non abbiamo trovato l'invito tra te sue cose.»
Tutta la stanchezza parve svanire dal viso di Rolk e i suoi occhi assunsero un'espressione indagatrice. «Hai controllato nelle tasche dei vestiti, nella borsa?»
«Sì, mentre tu eri alla toilette con Gault. Niente.» Devlin attese, vagamente stupito dal cambiamento avvenuto nell'altro. «Il marito non è andato perché, dice, certe cose non gli interessano troppo. Non possiamo escludere che lei avesse un amico e che l'invito sia rimasto a lui. Forse dovremmo controllare.»
Ancora una volta Rolk si chinò sulla fotografia. Un amico? Ne dubitava. Lei non sembrava proprio il tipo, ma, certo, non si poteva mai dire. Eppure era convinto che si trattasse di qualcosa di molto peggio. Continuò a fissare il viso della morta, pensando al bambino che aveva portato in grembo e che non sarebbe mai nato. Si chiese se lei lo sapesse. Di sicuro lo sospettava. Poi si domandò se ne avesse parlato al marito. Lui non aveva detto nulla e loro non avevano accennato alla cosa. L'avrebbero fatto più tardi. Nel giro di qualche giorno, Rolk lo sapeva, l'ondata di sofferenza dell'uomo si sarebbe attenuata lasciando il posto alla rabbia, e allora si sarebbe fatto vivo per sapere che cosa stava combinando la polizia, com'era possibile che una cosa del genere fosse accaduta proprio a sua moglie, ed esigendo di sapere quanto aveva sofferto. Allora avrebbe saputo del bambino. A meno che non ci pensassero i giornali, a informarlo.
Feldman irruppe nella stanza. «Cristo, che giornata di merda,» ringhiò. «C'è stato un incendio nel Lower East Side; sta per arrivare una mezza dozzina di cadaveri carbonizzati.» Ingnignito, si lasciò cadere su una sedia, mentre Paul Devlin chiudeva gli occhi con aria disgustata. Voleva andarsene dall'obitorio prima che vi si diffondesse il tanfo della carne bruciata. Rolk, invece, rimase imperturbabile e tese al medico la fotografia. «Cynthia Gault era così,» disse.
Feldman fissò per qualche istante il viso della donna e la sua espressione si addolcì, negli occhi gli comparve una luce quasi di rimpianto. «Bella,» sospirò restituendogliela. «Sarà bene che tu trovi in fretta quel bastardo.» Scosse la testa, come per scacciare un pensiero spiacevole. «E credo anche che dovresti sottoporre il caso ai nostri strizzacervelli.»
«Perché?» C'era una nota di ansietà nella voce di Rolk.
«Perché non credo che questo resterà un delitto isolato. La mia idea è che il responsabile sia un pazzo, e che lo farà di nuovo.»
«Che cosa te lo fa pensare?» intervenne Devlin.
«Il fatto che l'omicidio ha tutte le caratteristiche di un rito.»
«È soltanto una teoria,» obiettò l'altro.
«Ancora per poco,» replicò Feldman. «È appena arrivato il rapporto preliminare sui frammenti dell'arma. E temo che non lo troverete di vostro gradimento.» Esitò, come tentando di convincersi della veridicità delle parole che stava per pronunciare. «Due armi diverse,» cominciò. «Un'accetta, o qualcosa di simile, per recidere la spina dorsale e un oggetto dal bordo più affilato per mozzare la testa.» Si lasciò sfuggire un lungo sospiro. «Secondo le analisi, entrambe le armi usate per il delitto hanno più o meno settecento anni.»
5
L'ufficio di Rolk, capo della Squadra Speciale Omicidi, si trovava presso il tredicesimo distretto di polizia, sulla Ventunesima Strada Est. Come l'uomo che lo occupava, l'ufficio aveva un aspetto logoro, disordinato, con una vecchia scrivania di legno disseminata di carte, tre sedie malconce e un consunto divano in pelle su cui spesso Rolk passava la notte. Su una parete costellata di macchie di caffè, che nessuno riusciva a capire come fossero arrivate fin lì, era appesa una pianta di Manhattan e nella stanza aleggiava un odore di tabacco stantio, un odore che in quel momento Rolk contribuiva a intensificare fumando la quindicesima sigaretta della giornata, mentre leggeva per l'ennesima volta il rapporto di Jerry Feldman.
«Hai scoperto qualcosa di interessante?» brontolò Paul Devlin, seduto di fronte a lui. «Lo sto leggendo anch'io, diavolo, e non riesco a trovarci nulla che mi piaccia.
Rolk gli lanciò un'occhiata, poi guardò Charlie Moriarty e Bernie Peters, gli altri due agenti a cui aveva affidato il caso. «La conferenza,» rispose poi. «Ecco qual è il filo conduttore di tutta questa faccenda. Ma prima di parlarne, esaminiamo i dati in nostro possesso.»
Si appoggiò all'indietro sulla sedia e la cenere della sigaretta, lunga ormai un paio di centimetri, gli cadde sulla cravatta. «Secondo Feldman, la morte ha avuto luogo cinque-otto ore prima che il cadavere venisse rinvenuto. Il che significa tra le otto e le undici di sera.» Spense la sigaretta, fissò per un istante il ripiano della scrivania, poi lentamente ne accese un'altra. «Se consideriamo il fatto che il corpo è stato trascinato dal sentiero fino nei cespugli e che gli abiti erano ordinatamente piegati alla base del monumento oppure lasciati cadere in modo da facilitare il ritrovamento, proprio non vedo come sia stato possibile commettere l'omicidio quando nel parco c'era ancora gente. Il che mi porta a ritenere che non abbia avuto luogo prima delle nove, le dieci. Sappiamo dove si trovava il marito in questo arco di tempo?»
Moriarty si affrettò ad aprire il suo taccuino. Era un uomo tarchiato a cui, come a Rolk, gli abiti si adattavano male, sebbene i suoi fossero più ordinati, un viso liscio e rotondo che non rivelava i suoi quarantacinque anni e capelli biondi tagliati cortissimi. Si schiarì la gola e attaccò a parlare con voce innaturalmente acuta per un uomo di quelle dimensioni. «Secondo il custode del palazzo, Gault è tornato a casa verso le cinque e mezzo ed è uscito di nuovo poco dopo le otto. Ha detto di essere andato a una festa dopo avere lasciato un biglietto alla moglie, che avrebbe dovuto raggiungerlo dopo la conferenza. Il biglietto è ancora nell'appartamento.»
«Gli altri partecipanti al party hanno saputo indicare l'ora del suo arrivo?»
A quella domanda Peters si protese in avanti e per un istante il suo corpo parve ancora più smilzo e spigoloso. C'era qualcosa di predatorio in lui.
I
capelli, scuri e sottili, erano pettinati all'indietro e gli occhi che sormontavano un naso appuntito erano molto ravvicinati. Aveva una voce aspra, stridula. «Più o meno alle otto e mezzo,» rispose. «Non sono riusciti a essere più precisi. La padrona di casa lo ha visto cominciare a dare segni di noia verso le dieci e più tardi le è sembrato un po' nervoso. Se n'è andato verso le undici e mezzo.»
«Ha telefonato alla moglie mentre era alla festa?»
«Una volta le ha lasciato un messaggio sulla segreteria telefonica, nell'eventualità che non avesse visto il biglietto. Ho ascoltato il nastro. Sembrava piuttosto irritato con lei per non essersi fatta vedere.»
«Quindi, a meno che non abbia ingaggiato qualcuno, possiamo escludere il marito con ragionevole sicurezza.» Parlando, Rolk si tirava con aria assente il naso. «Cristo, questo omicidio non mi sembra il lavoro di un professionista.»
Devlin chiuse il taccuino e lo infilò in tasca. Aveva preso qualche appunto sui rapporti di Peters e di Moriarty, ma le informazioni scarseggiavano. Molti degli omicidi che comportavano mutilazioni di vario genere, lo sapeva, erano crimini di natura omosessuale; quasi sempre si trattava di evirazione; se c'era di mezzo qualche lesbica, dell'asportazione del seno. Doveva avere ragione Feldman; quella era l'opera di un maniaco. «Charlie e Bernie stanno ancora cercando di accertare con vicini e amici l'esistenza di eventuali problemi coniugali tra i Gault, e la possibilità che uno dei due avesse un amante. Ma non mi sembra una traccia promettente.»
«E anche se avessero avuto entrambi un amante, questo non significherebbe proprio nulla,» sospirò Rolk.
«Quindi si torna alla conferenza,» annuì Devlin, «e al fatto che Mrs Gault ci si stava recando quando è stata uccisa.»
«Oppure c'era già stata e stava tornando a casa,» ipotizzò Rolk. «O forse qualcosa l'ha convinta a cambiare strada. Dovremo verificare tutte e tre le possibilità.»
«Io ancora però non capisco che cosa c'entri la conferenza,» fece notare Devlin.
«Perché non ci sei stato.» Rolk si accese un'altra sigaretta. «Il tema era appunto l'omicidio rituale tra i toltechi, uno dei popoli maya.» Fece una pausa e guardò a turno i tre uomini che gli stavano davanti. «Tra le altre, una delle tecniche sacrificali consisteva nel decapitare la vittima e scorticarla. Questo accadeva più o meno settecento anni fa.»
«Sono state mostrate armi durante la conferenza?» indagò Moriarty.
Rolk annuì.
«Gesù,» alitò Devlin. «Stai dicendo che qualcuno degli organizzatori della conferenza ha deciso di tradurre in pratica quello che veniva raccontato?»
«Oppure che qualcuno tra il pubblico è rimasto affascinato dall'idea,» osservò l'altro.
Si chinò in avanti, posando i gomiti sulla scrivania. «È probabile che questa resterà l'unica traccia da seguire, almeno finché quel pazzo non colpirà di nuovo.»
«Tu credi che lo farà, non è vero?» domandò Peters.
«Sì. Ma non ho intenzione di dirlo a nessun altro, e anche voi tenete il becco chiuso. Dio, come mi piacerebbe mollare questa maledetta faccenda nelle mani delle squadre investigative e scordarmela una volta per tutte.»
Gli altri lo capivano perfettamente. Le unità investigative distrettuali si occupavano degli omicidi di routine e passavano alla Squadra Omicidi, di cui Rolk era il capo, solo i casi più sensazionali e destinati ad avere una grossa pubblicità. Fin dall'inizio non c'era stato alcun dubbio che l'omicidio Gault fosse uno di questi.
«L'utilizzo di armi antiche,» cominciò Devlin, «sembrerebbe indicare qualcuno che lavora al museo, giusto?»
«Può essere,» rispose Rolk. «Ma in questa città la gente colleziona le cose più strampalate. In ogni caso, come ho detto, al momento questa è l'unica indicazione che abbiamo. Voglio che scopriate quanta gente ha accesso a questo genere di reperti. Per esempio, gli addetti alla sicurezza avrebbero difficoltà a metterci sopra le mani? E il custode? Oppure gli unici a poterlo fare sono i dipendenti di grado più elevato? Voglio sapere anche se alla conferenza erano presenti collezionisti.»