Authors: Dante
o che Dio solo per sua cortesia
dimesso avesse, o che l’uom per sé isso
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avesse sodisfatto a sua follia.
Ficca mo l’occhio per entro l’abisso
de l’etterno consiglio, quanto puoi
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al mio parlar distrettamente fisso.
Non potea l’uomo ne’ termini suoi
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mai sodisfar, per non potere ir giuso
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con umiltate obedïendo poi,
quanto disobediendo intese ir suso;
e questa è la cagion per che l’uom fue
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da poter sodisfar per sé dischiuso.
Dunque a Dio convenia con le vie sue
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riparar l’omo a sua intera vita,
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dico con l’una, o ver con amendue.
Ma perché l’ovra tanto è più gradita
da l’operante, quanto più appresenta
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de la bontà del core ond’ ell’ è uscita,
la divina bontà che ’l mondo imprenta,
di proceder per tutte le sue vie,
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a rilevarvi suso, fu contenta.
Né tra l’ultima notte e ’l primo die
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sì alto o sì magnifico processo,
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o per l’una o per l’altra, fu o fie:
ché più largo fu Dio a dar sé stesso
per far l’uom sufficiente a rilevarsi,
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che s’elli avesse sol da sé dimesso;
e tutti li altri modi erano scarsi
a la giustizia, se ’l Figliuol di Dio
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non fosse umilïato ad incarnarsi.
Or per empierti bene ogne disio,
ritorno a dichiararti in alcun loco,
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perché tu veggi lì così com’ io.
Tu dici: ‘Io veggio l’acqua, io veggio il foco,
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l’aere e la terra e tutte lor misture
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venire a corruzione, e durar poco;
e queste cose pur furon creature;
per che, se ciò ch’è detto è stato vero,
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esser dovrien da corruzion sicure.’
Li angeli, frate, e ’l paese sincero
nel qual tu se’, dir si posson creati,
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sì come sono, in loro essere intero;
ma li alimenti che tu hai nomati
e quelle cose che di lor si fanno
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da creata virtù sono informati.
Creata fu la materia ch’elli hanno;
creata fu la virtù informante
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in queste stelle che ’ntorno a lor vanno.
L’anima d’ogne bruto e de le piante
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di complession potenzïata tira
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lo raggio e ’l moto de le luci sante;
ma vostra vita sanza mezzo spira
la somma beninanza, e la innamora
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di sé sì che poi sempre la disira.
E quinci puoi argomentare ancora
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vostra resurrezion, se tu ripensi
come l’umana carne fessi allora
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che li primi parenti intrambo fensi.”
per che non pur a lei faceano onore
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di sacrificio e di votivo grido
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le genti antiche ne l’antico errore;
ma Dïone onoravano e Cupido,
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quella per madre sua, questo per figlio,
e da costei ond’ io principio piglio
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pigliavano il vocabol de la stella
Io non m’accorsi del salire in ella;
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ma d’esservi entro mi fé assai fede
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la donna mia ch’i’ vidi far più bella.
E come in fiamma favilla si vede,
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e come in voce voce si discerne,
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quand’ una è ferma e altra va e riede,
vid’ io in essa luce altre lucerne
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muoversi in giro più e men correnti,
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al modo, credo, di lor viste interne.
Di fredda nube non disceser venti,
o visibili o no, tanto festini,
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che non paressero impediti e lenti
a chi avesse quei lumi divini
veduti a noi venir, lasciando il giro
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pria cominciato in li alti Serafini;
e dentro a quei che più innanzi appariro
sonava “
Osanna
” sì, che unque poi
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di rïudir non fui sanza disiro.
Indi si fece l’un più presso a noi
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e solo incominciò: “Tutti sem presti
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al tuo piacer, perché di noi ti gioi.
Noi ci volgiam coi principi celesti
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d’un giro e d’un girare e d’una sete,
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ai quali tu del mondo già dicesti:
‘Voi che ’ntendendo il terzo ciel movete’
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e sem sì pien d’amor, che, per piacerti,
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Poscia che li occhi miei si fuoro offerti
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a la mia donna reverenti, ed essa
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fatti li avea di sé contenti e certi,
rivolsersi a la luce che promessa
tanto s’avea, e “Deh, chi siete?” fue
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E quanta e quale vid’ io lei far piùe
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per allegrezza nova che s’accrebbe,
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quando parlai, a l’allegrezze sue!
Così fatta, mi disse: “Il mondo m’ebbe
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giù poco tempo; e se più fosse stato,
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molto sarà di mal, che non sarebbe.
La mia letizia mi ti tien celato
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che mi raggia dintorno e mi nasconde
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quasi animal di sua seta fasciato.
Assai m’amasti, e avesti ben onde;
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che s’io fossi giù stato, io ti mostrava
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di mio amor più oltre che le fronde.
Quella sinistra riva che si lava
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di Rodano poi ch’è misto con Sorga,
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per suo segnore a tempo m’aspettava,
e quel corno d’Ausonia che s’imborga
di Bari e di Gaeta e di Catona,
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da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
Fulgeami già in fronte la corona
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di quella terra che ’l Danubio riga
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poi che le ripe tedesche abbandona.
E la bella Trinacria, che caliga
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tra Pachino e Peloro, sopra ’l golfo
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che riceve da Euro maggior briga,
non per Tifeo ma per nascente solfo,
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attesi avrebbe li suoi regi ancora,
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nati per me di Carlo e di Ridolfo,
se mala segnoria, che sempre accora
li popoli suggetti, non avesse
E se mio frate questo antivedesse,
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l’avara povertà di Catalogna
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già fuggeria, perché non li offendesse;
ché veramente proveder bisogna
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per lui, o per altrui, sì ch’a sua barca
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carcata più d’incarco non si pogna.
La sua natura, che di larga parca
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discese, avria mestier di tal milizia
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che non curasse di mettere in arca.”
“Però ch’i’ credo che l’alta letizia
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che ’l tuo parlar m’infonde, segnor mio,
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là ’ve ogne ben si termina e s’inizia,
per te si veggia come la vegg’ io,
grata m’è più; e anco quest’ ho caro
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perché ’l discerni rimirando in Dio.